Il giorno seguente all’ultimo di Carnevale inizia la Quaresima: dalla gioia si passa alla penitenza!
"Carniàle mia chinu ti mbroghe, osce maccarruni e crai fogghe".
"È scurutu carniàle, cu purpette e maccarruni,
mo ndi tocca l’acqua e sale cu quattru o cinque lampasciuni".
Un tempo diffusa era la rappresentazione della «Caremma» in un pupazzo femminile di grandezza variabile, fino a dimensioni umane. Era una donna dalle sembianze bruttissime, magrissima, con veste nera e con fazzoletto nero calato sugli occhi, intenta a filare con un fuso legato alla conocchia.
Veniva esposta in pubblico sulle strade: ve n’era una quasi in ogni crocevia, appesa al braccio di un lampione o ad una canna sporgente, quale monito di penitenza da esercitarsi in vari modi, come i digiuni e altre privazione e l’uso di cilici.
Essendo sette le settimane toccate dalla Quaresima, la «Caremma» portava infilato in un braccio sette taralli, di cui uno a settimana veniva tolto, simboleggiando che un tarallo sarebbe dovuto essere il pasto settimanale in segno di digiuno e di astinenza:
"Caremma musi torta, ti mangiasti casu e ricotta
a me no’ mi ndi tiesti, brutta femmina ca fuesti".